
Dal Lingotto in poi, ho lavorato per introdurre profonde novità nella nostra cultura politica, proprio partendo dai programmi. Abbiamo messo la difesa dei diritti delle giovani generazioni e la lotta alla precarietà al centro di una necessaria riforma del welfare. Penso all'approdo a un 'ecologismo dei sì' contrapposto a quello che dice sempre no a tutto. O al modo in cui abbiamo cominciato ad affrontare problemi, come la sicurezza, il contrasto alla criminalità e all'illegalità - legati come pochi altri ai diritti fondamentali dei cittadini - che non possono essere lasciati a chi al tempo stesso non si cura dell'inclusione e dell'integrazione.
Abbiamo poi fatto nostro il principio che deve essere la povertà, non la ricchezza, il nostro primo avversario, e che senza crescita dell'economia e delle imprese ogni obiettivo di giustizia sociale e di creazione di opportunità si allontana. Siamo andati nel Nord-est a dire che è tempo di un nuovo patto fiscale per pagare meno tasse e pagarle tutti, recuperando risorse dalla lotta all'evasione, dall'abbattimento del debito e dalla riqualificazione della spesa pubblica. L'Italia deve uscire dalla crisi democratica che attraversa con riforme istituzionali: più poteri al premier, una sola Camera legislativa, la metà di parlamentari, e una nuova legge elettorale che garantisca stabilità, bipolarismo, potere di scelta nelle mani dei cittadini. Occorre una politica più sobria, trasparente, che non invada campi che non le sono propri e che sia in grado di decidere.
L'Italia si cambia a cominciare da questo.
L'Italia si cambia a cominciare da questo.
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