giovedì 11 ottobre 2007

Perché mi candido

Mi candido per il Partito Democratico perché avevo promesso che avrei fatto tutto quanto in mio potere per cambiare la politica ed i suoi riti insopportabili. E, da solo, non ci sono ancora riuscito.
Avevo detto che avrei evitato le lottizzazioni politiche a discapito del talento e delle capacità. E, da solo, non ci sono riuscito completamente. Avevo detto che avrei spinto tutti alla gratuità nell’impegno politico.Volevo eliminare l’odio, i rancori, i dispetti, l’invidia. Volevo bandire l’affarismo dalla politica ed invece devo ancora sorvegliare. Speravo di coinvolgere tanta gente nel mio lavoro e spesso mi sono trovato solo. Anche il movimento cui ho dato vita, da solo, ha mostrato vulnerabilità rispetto alle malattie della politica che intendeva combattere. Ecco perché anche i miei amici sono qui. Avevo detto che avrei ascoltato tutti e l’ho fatto. Ma senza un’organizzazione vasta ed efficiente non sono ancora riuscito realizzare la piena partecipazione.

Ho compreso con ritardo la fatica e le amarezze dei militanti che aprono le sezioni ed i circoli tutti i giorni. Avvertire in loro la presenza dolorosa e consapevole dei miei stessi sentimenti è stata un’esperienza commovente ed istruttiva. Solo qualche mese fa questi uomini e donne hanno dato il via al processo costituente del Partito Democratico pugliese. Ne hanno viste tante negli anni della loro militanza, eppure hanno deciso di mettersi in gioco. Li ha guidati la speranza: la speranza che finalmente la politica restituisca loro la gioia di provare a cambiare il mondo, di renderlo più giusto, più libero.

Essi oggi vogliono condividere questa speranza con quella moltitudine di uomini e di donne senza partito che in Puglia da tempo lavorano allo stesso sogno. Quello di restituire alla politica la dignità perduta, la gioia del servire con gratuità, l’emozione di prendere grandi o piccole decisioni allentando la morsa degli interessi privati, attraverso lo studio, la discussione, l’esame ed il riesame, pianificando le azioni.

Insieme lavoreranno non alla formazione di un nuovo partito, non ce ne sarebbe stato bisogno, quanto piuttosto alla nascita di un partito “nuovo”.
Tutti potranno candidarsi. Non c’è bisogno di essere tesserati. Nel regolamento delle primarie c’è scritto: “se vuoi diventare segretario del PD nella tua regione, vuoi presentare una lista, vuoi candidarti, o sostenere una candidatura sul sito www.partitodemocratico.it scoprirai come fare”.

Sembra uno scherzo, ma è tutto vero. Più liste e più candidati faranno migliore il partito.

Cose grandi ci attendono. Innanzitutto la costruzione del nostro programma. Le grandi visioni politiche della cultura europea e la nostra Costituzione repubblicana ci condurranno. La sopravvivenza dell’umanità alla sua stessa adolescenza tecnologica e politica, mantenendo ed espandendo le conquiste di civiltà ed eguaglianza fino ad oggi ottenute, non sarà compito facile.

Avremo bisogno delle nostre migliori energie.
Ecco perché non potrà più succedere che dirigenti di partito, liste elettorali o candidati siano individuati da un pugno di notabili senza una vera consultazione degli iscritti.

Non potrà succedere mai più che i risultati dei congressi siano già previsti a tavolino o che si trasformino in guerre fratricide di mero potere. Non si potrà più scrivere un programma o mutarlo senza studio e decisioni collettive. Non potrà mai più avvenire che uomini e donne nuovi siano rifiutati solo per la paura di alterare gli equilibri interni.

Ecco perché il partito democratico è una chance allo stato unica nel suo genere. Esso si fonda sulla regola innovativa della elezione diretta dei suoi leader e sull’obbligo che il 50% di questi ultimi siano donne.

Con queste regole tanto elementari quanto rivoluzionarie, io credo si possa fornire una risposta alla crisi della politica. Si può scegliere. Ci si può far scegliere.

Non chiacchiere e lamentele ipocrite, ma regole nuove. Per il futuro.

La mia candidatura non sarebbe stata possibile senza queste regole. Nessuno avrebbe potuto votarmi. Nessuno avrebbe potuto candidarmi. Tutto sarebbe avvenuto in un congresso al quale non avrei potuto mai partecipare. Questa consapevolezza mi spinge alla speranza ed all’impegno. Con tutte le mie forze.
Michele Emiliano

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